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tfr del coniuge divorziato: spetta all’ex coniuge per il 40%

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tfr del coniuge divorziato: spetta all’ex coniuge per il 40%

Decreto liquidità in favore delle imprese

Il tfr del coniuge divorziato spetta all’ex coniuge, limitatamente ad una quota.

 

Ciò è quanto è stato stabilito dalla legge sul divorzio, la quale intende soddisfare il principio di solidarietà tra gli ex coniugi, consentendo ad uno di essi di poter godere, anche in un momento successivo, di una quota percentuale del tfr maturato dall’altro coniuge in costanza di matrimonio.

 

Il tfr del coniuge divorziato consiste in tutti quei trattamenti di fine rapporto derivanti sia da lavoro subordinato che da parasubordinato,  che si traducono in una quota differita della retribuzione spettante al lavoratore, condizionata (per poter essere riscossa) alla cessazione del rapporto di lavoro, qualunque ne sia stata la causa (pensionamento, dimissioni, ecc.).

 

Per ottenere il diritto ad ottenere una quota di tfr percepito dall’ex coniuge è necessario che ricorrano alcune precise condizioni:

 

  • i coniugi devono essere divorziati: non è sufficiente la sola separazione personale (consensuale o giudiziale).

 

  • il giudice deve aver riconosciuto al coniuge che chiede la quota di tfr il diritto ad un assegno di divorzio,  che non deve essere stato pagato in un’unica soluzione,  ma deve essere corrisposto periodicamente (di solito mensilmente). Pertanto, non è sufficiente che sussista un astratto diritto al mantenimento, ma occorre che l’assegno sia stato liquidato dal giudice nel giudizio di divorzio.

 

  • l’ex coniuge che richiede la quota di tfr non deve essere passato a nuove nozze: è invece irrilevante che si sia risposato il coniuge lavoratore o che abbia avuto dei figli dal nuovo matrimonio.

 

Qualora sussistano tutte le sopra elencate condizioni, l’ex coniuge avrà il diritto di incassare il tfr del coniuge divorziato, ma nella misura del 40% della liquidazione maturata dal lavoratore, riferito agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

 

Il periodo di riferimento comprende, quindi, anche l’intera fase della separazione, poiché il matrimonio non viene meno né con la cessazione della convivenza (separazione di fatto) né con la separazione giudiziale, ma permane fino alla sentenza di divorzio.

 

Il 40% del tfr del coniuge divorziato è calcolato sull’importo netto e non, invece, su quello “lordo” (cioè gravato dagli oneri fiscali).

Diversamente, infatti, si determinerebbe un illegittimo aggravio sul lavoratore che si vedrebbe privato, in modo ingiustificato, di una percentuale su un importo effettivamente non ricevuto.

 

Ebbene, ai fini del corretto calcolo della quota di tfr spettante all’ex coniuge richiedente si deve procedere come segue:

– dividendo l’indennità percepita di tfr del coniuge divorziato per il numero degli anni di durata del rapporto di lavoro;

– moltiplicando il risultato per il numero degli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio;

– calcolando il 40% su tale ultimo importo.

 

Così, per esempio se, sino al divorzio, il lavoratore ha maturato un tfr pari a € 30.000,00 ed il rapporto di lavoro è durato 20 anni, e, in questi 20 anni, il matrimonio (compresa la separazione) è durato 10 anni, allora il calcolo da farsi sarà il seguente:

30.000,00 : 20 = 1500,00

1500,00 x 10 = 15.000,00

15.000,00 x 40% = 6.000,00.

 

La legge sul divorzio prevede che il diritto alla percentuale di tfr del coniuge divorziato è riconosciuto “anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza”.

 

Pertanto, il diritto alla quota sorge solo se il tfr del coniuge lavoratore  matura al momento della proposizione della domanda di divorzio o dopo di essa e non, invece, nel senso che tale diritto sorge quando l’indennità sia maturata e sia stata percepita in data anteriore, eventualmente in pendenza del precedente giudizio di separazione.

 

Conseguentemente, l’ex coniuge del lavoratore non può vantare alcun diritto al tfr prima del divorzio.

 

Diritto che gli sarà riconosciuto dalla legge con effetti anticipati al momento della proposizione della domanda di divorzio.

 

Il diritto alla quota sul tfr dell’ex coniuge lavoratore sorge, come abbiamo visto, con la cessazione del rapporto di lavoro ed a condizione che il richiedente sia titolare di assegno di divorzio e non sia passato a nuove nozze.

 

D’altro canto, posto che l’assegno di divorzio costituisce il presupposto per l’attribuzione all’ex coniuge del tfr del lavoratore, anche se il diritto al tfr sorge successivamente alla domanda di divorzio, esso sarà esigibile solo dopo che la sentenza che riconosce il diritto all’assegno di divorzio diventa definitiva (cioè passa in giudicato).

 

Si precisa, inoltre, come la domanda di liquidazione del tfr del coniuge divorziato in favore dell’altro coniuge può essere formulata anche nel corso della causa di divorzio, posto che, come sopra accennato, uno dei requisiti previsti per il suo riconoscimento è l’ottenimento del diritto all’assegno divorzile.

 

Al pari, si ritiene che la domanda possa essere presentata anche nel procedimento di modifica delle condizioni di divorzio.

 

Se il lavoratore, prima della cessazione del rapporto di lavoro, ha chiesto ed ottenuto degli acconti sulla liquidazione, la quota spettante all’ex coniuge richiedente andrà calcolata sulla sola porzione residua di tfr non incassata e maturata durante il matrimonio, esclusa la parte accantonata dopo la sentenza di divorzio.

 

In altri termini, il calcolo della quota di tfr del coniuge divorziato dovuta all’altro coniuge deve essere effettuato al netto degli anticipi richiesti ed ottenuti dal lavoratore durante il matrimonio (compreso il periodo di separazione).

 

Ciò in quanto l’anticipo, una volta accordato dal datore di lavoro e riscosso dal lavoratore, entra nel patrimonio personale di quest’ultimo e non può essere revocato.

 

E’ inevitabile, quindi che, in tal caso, la quota spettante al richiedente sarà inferiore rispetto a quella che avrebbe potuto essere attribuita se le anticipazioni non vi fossero state.

 

La legge sul divorzio prevede, poi, che la quota del tfr del coniuge divorziato spetta all’ex solo in relazione agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

 

Pertanto, le liquidazioni relative ad impieghi instaurati dopo il divorzio, spetteranno in via esclusiva al lavoratore.

 

Qualora il coniuge lavoratore maturi il diritto all’indennità di fine rapporto durante il periodo di separazione, l’ex coniuge non potrà avanzare una richiesta tesa ad ottenere una quota percentuale su tale liquidazione (visto che la legge considera il periodo di separazione compreso nel matrimonio), ma potrà chiedere che il giudice tenga conto dell’importo percepito:

 

– nel calcolo dell’eventuale assegno di mantenimento (se la causa di separazione è ancora in corso);

– in una successiva richiesta di aumento (formulata con domanda di modifica delle condizioni della separazione).

 

È indubbio, infatti, che la percezione da parte del coniuge lavoratore del tfr è una situazione che determina un oggettivo miglioramento delle condizioni patrimoniali esistenti al momento della separazione.

 

Il diritto alla quota della liquidazione dell’ex coniuge matura anche in caso di morte di quest’ultimo.

 

Nel caso in cui, poi, il divorziato lavoratore avesse contratto un nuovo matrimonio, dopo la sua morte, l’ex coniuge (titolare dell’assegno di divorzio) avrebbe diritto, in concorso con il coniuge superstite, anche ad una quota della indennità di fine rapporto.

 

La quota di tfr del coniuge divorziato non spetta automaticamente in caso di divorzio, ma l’ex coniuge deve presentare un apposito ricorso al Tribunale con l’assistenza di un avvocato, con il quale chiede che:

– il giudice disponga in proprio favore l’attribuzione della quota percentuale dell’indennità di fine rapporto dovuta all’ex coniuge.

– che il giudice ordini al datore di lavoro e per esso all’Ente previdenziale pagatore, il pagamento della percentuale tenendo conto, nei parametri di calcolo, del periodo in cui il matrimonio è coinciso con il rapporto di lavoro, e quindi della data di assunzione dell’ex coniuge lavoratore e della data della sentenza di divorzio.