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Risarcimento Danni

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Il diritto al risarcimento dei danni si articola in maniera differente a seconda che il diritto sia assoluto o relativo e, quindi, sia configurabile un illecito in senso stretto ai sensi dell’art. 2043 c.c. o un inadempimento ai sensi dell’art. 1218 c.c.

Nel primo caso il problema che si pone è quello di una “restitutio in pristinum”, che si risolve nell’evitare che le conseguenze già prodotte possano protrarsi per il futuro.

Nel secondo caso, invece, la prima esigenza è quella di realizzare coattivamente l’interesse del creditore.

Ai sensi dell’art. 1223 c.c. il risarcimento dei danni comprende:

  • il danno emergente, ossia la perdita effettivamente subita per la mancata prestazione (ad esempio, il prezzo versato per una merce comprata e mai ricevuta);
  • il lucro cessante, o mancato guadagno, ossia il lucro che il creditore avrebbe realizzato se avesse utilizzato la prestazione ottenuta (ad esempio, il guadagno che il compratore avrebbe conseguito rivendendo la merce);

Il risarcimento danni avviene sempre per equivalente, attraverso, cioè, il pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore della prestazione perduta, dal momento che la prestazione è divenuta impossibile o non più utile per il creditore. Non è ipotizzabile un risarcimento in forma specifica, perché se la prestazione è ancora possibile allora ne seguirà l’adempimento tradivo o l’esecuzione forzata in forma specifica, che faranno conseguire al creditore esattamente il bene dovuto.

Le voci di danno (danno emergente e lucro cessante) sono risarcibili se sono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o del ritardo, vale a dire se sussiste un nesso di causalità tra inadempimento e danno risarcibile.

Se l’inadempimento è colposo, i danni risarcibili sono limitati a quelli prevedibili nel tempo in cui è sorta l’obbligazione.

Se l’inadempimento o ritardo è stato doloso, il debitore è tenuto a risarcire anche i danni imprevisti e imprevedibili.

In caso di concorso del fatto colposo del creditore nella causazione del danno, il risarcimento è diminuito in proporzione alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Nel caso in cui il danno sia stato comunque causato dal debitore, ma il creditore avrebbe potuto evitarlo usando l’ordinaria diligenza, il risarcimento non sarà dovuto.

Il creditore non deve provare la colpa nell’inadempimento, ma deve dimostrare l’esistenza e l’ammontare del danno subito. Tuttavia, se l’entità del danno non può essere provata nel suo preciso ammontare, verrà liquidata dal giudice con valutazione equitativa.

Nelle obbligazioni pecuniarie, ai sensi dell’art. 1224 c.c., sono dovuti gli interessi legali dal giorno della mora, anche se non erano stati pattuiti in precedenza, indipendentemente dalla dimostrazione del danno subito a causa del ritardo nell’adempimento. Questi interessi si dicono moratori per differenziarli da quelli compensativi o corrispettivi.

Ai sensi dell’art. 1224 c.c., se il debito ha ad oggetto una somma di denaro liquida ed esigibile, gli interessi legali sono dovuti indipendentemente dalla mora. Inoltre, al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento danni, salvo il caso in cui sia stata precedentemente pattuita la misura degli interessi moratori.

Il risarcimento dei danni presuppone che se ne stabilisca l’ammontare, mediante la c.d. liquidazione del danno.

La liquidazione può essere:

  • Legale: come nel caso dell’inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, dove il danno è liquidato nella misura degli interessi al tasso legale;
  • Convenzionale: attraverso l’inserimento nel contratto di una clausola penale;
  • Giudiziale: in mancanza di elementi per provare il danno nel suo preciso ammontare, il giudice procede con valutazione equitativa e tale valutazione è possibile anche per una sola parte del danno.