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Art. 570 c.p. e Covid-19: cambia qualcosa?

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Art. 570 c.p. e Covid-19: cambia qualcosa?

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L’art. 570 c.p. – violazione degli obblighi di assistenza familiare – stabilisce che chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da € 103 a € 1.032.

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi (…) 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa (…). 

La qualità di coniuge e genitori comporta il dovere di adempiere obblighi di natura economica, morale ed affettiva.

Si tratta di delitto punibile a titolo di dolo, ed il bene giuridico tutelato è la famiglia e l’assistenza familiare, intesa come il diritto al sostegno reciproco tra membri di un medesimo un nucleo familiare.

La prima condotta descritta nell’art. 570 c.p. consiste nel sottrarsi agli obblighi di assistenza, economici, morali ed affettivi, relativi alla responsabilità genitoriale od alla qualità di coniuge, abbandonando la sede abituale del nucleo familiare o violando l’ordine o la morale delle famiglie, intesa come serie di doveri giuridici civilistici.

La norma dell’art. 570 c.p. prevede la pena detentiva della reclusione fino ad un anno oppure, alternativamente, la pena pecuniaria della multa da € 103 a € 1.032.

L’altro comportamento previsto e punito dalla norma in esame si integra laddove vengano fatti mancare ai discendenti minori o inabili al lavoro, ascendenti o coniuge, i mezzi di sussistenza, intesi come strumenti economici indispensabili per la conduzione di una esistenza dignitosa e per il soddisfacimento delle complementari esigenze di vita quotidiana, proporzionate alle capacità economiche del soggetto obbligato (Cass. pen., sez. VI, sent. 15 marzo 2017, n. 12400).

In quest’ultima ipotesi, la norma richiede che la condotta determini uno stato di bisogno in capo agli ascendenti o al coniuge, presunto invece per i discendenti (Cass. pen., sez. II, 15 maggio 2017, n. 24050; Cass. pen., sez. VI, 4 novembre 2014, n. 47139) e prevede un trattamento sanzionatorio di maggior rigore, con la pena detentiva della reclusione fino ad un anno e congiuntamente la pena pecuniaria della multa da € 103 a € 1.032.

Pertanto chi si sottragga al dovere di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore del figlio e/o del coniuge commette il reato di cui all’art. 570 c.p. e, qualora la condotta determini la mancanza dei mezzi di sussistenza, commette anche il reato di cui all’art. 570 c.p. comma 2 n. 2 (Cass. pen., sez. VI , 10 aprile 2019, n. 18572).

Tale norma trova applicazione anche nei confronti di figli nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio (Cass. pen., sez. VI , 17 ottobre 2018, n. 56080; Cass. pen., sez. VI , 19 giugno 2019 , n. 44695).

L’attuale emergenza sanitaria ha determinato limitazioni alla mobilità personale e la chiusura delle attività ristorative, commerciali, produttive con la conseguente stasi economica del Paese.

Le circostanze concrete possono quindi rappresentare un ostacolo allo svolgimento del proprio ruolo genitoriale-coniugale all’interno di contesti familiari disgregati, in cui la prole è collocata presso uno dei genitori, dal momento che il D.P.C.M. 8 marzo non legittima espressamente gli spostamenti per ragioni familiari.

Allo stesso modo, la mancanza di liquidità, in special modo per gli imprenditori, liberi professionisti e lavoratori autonomi, costituisce un concreto impedimento ad adempiere prestazioni di carattere economico, tra cui il mantenimento dei figli o del (ex) coniuge.

Pertanto concreta è l’eventualità di risultare inadempiente e di incorrere nei reati di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

In tal senso occorre precisare che un singolo episodio di omesso versamento dell’assegno di mantenimento in favore della prole e/o del coniuge non costituisce in re ipsa reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.). 

Invero, gli illeciti in esame hanno natura permanente e richiedono, quindi, che la condotta si sia protratta nel tempo in modo continuativo, determinando una lesione costante alla sfera giudica degli aventi diritto al contributo economico, affettivo o educativo.

Si aggiunga che la condotta illecita di omesso versamento è punibile solo se determinata dalla volontà dolosa dell’obbligato di sottrarsi ai propri obblighi, altro elemento costitutivo necessario ai fini della configurazione della fattispecie.

Qualora, dunque, il rispetto delle misure di contenimento alla diffusione del virus Covid-19 abbia determinato una oggettiva impossibilità del genitore o (ex) coniuge di adempiere i propri obblighi economici, per incapacità patrimoniale, allora la punibilità del responsabile è esclusa, indipendentemente dal fatto che terzi o l’altro genitore provvedano (Cass. pen., sez. VI, 20 febbraio 2019, n. 9430; Cass. pen., sez. VI , 17 ottobre 2018, n. 53689; Cass. pen., sez. VI, 26 novembre 2014, n. 52393).

E’, tuttavia, richiesto che lo stato di bisogno dell’obbligato sia incolpevole, oggettivamente dimostrabile ed unica causa efficiente della condotta, senza alcuna partecipazione dolosa.

Ne risulta che se l’attuale paralisi del sistema economico abbia impedito al soggetto obbligato di poter creare reddito sufficiente per la propria sopravvivenza, tale circostanza non potrà essere intesa quale causa dell’applicazione delle sanzioni penali previste dall’art. 570 c.p. per inadempienze proprio perché sarebbero indipendenti dalla volontà dello stesso. Al tempo stesso, però, tale situazione non può rappresentare pretesto per sottrarsi volontariamente ai propri obblighi familiari.