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Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

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Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

Decreto liquidità in favore delle imprese

Il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, è rubricato all’art. 316 ter del codice penale, a rigore del quale « Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’art. 640-bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazione o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.»

 

L’ indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.) rientra nella categoria dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, come i reati previsti dagli artt. 314 e 316-bis, anche il reato previsto e punito dall’art. 316-ter si caratterizza per avere una natura plurioffensiva.
La norma tutela il buon andamento, l’imparzialità (nazionale o sovranazionale) e il patrimonio della pubblica amministrazione, leso da una non corretta gestione e allocazione delle risorse pubbliche percepite indebitamente.
Secondo parte della dottrina, tra cui Benussi e Semeraro, la verità delle informazioni (sulla base delle quali è concesso il finanziamento) e la libera formazione della volontà della pubblica amministrazione sono da considerarsi ulteriori beni giuridici lesi dalla condotta descritta e punita dalla norma di cui all’articolo 316-ter del codice penale.

 

L’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato è un reato che danneggia lo Stato, l’ente pubblico e/o la Comunità europea che eroga o concede un contributo, un finanziamento, un mutuo agevolato, ecc.
La norma adottata per “combattere” l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato mira a punire la condotta di chi consegue (pe sé o per altri), tramite l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti il falso, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, contributi, finanziamenti, ecc. concessi o erogati dagli organismi sopra elencati. Si tratta di condotte equivalenti, che possono concretizzarsi o attraverso comportamenti positivi (utilizzo o presentazione) o per mezzo di atteggiamenti omissivi (omissione di informazioni).
Colui che commette il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato risponderà sia della falsità delle dichiarazioni o dei documenti presentati (o della mancanza delle informazioni dovute), sia del carattere indebito dell’erogazione. Egli dovrà, inoltre, essere consapevole che l’ammontare dell’importo percepito indebitamente supera la somma di Euro 3.999,96.
Il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato si consuma quando e se il finanziamento viene ottenuto ed è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Il secondo comma che viene applicato nel caso in cui la somma indebitamente percepita risulti pari o inferiore a euro 3999,96, prevede una sanzione amministrativa pari al pagamento di una somma da euro 5.164 a euro 25.822.

 

Ai sensi dell’articolo 317-bis, inoltre, alla condanna consegue l’interdizione perpetua dai pubblici uffici se la pena irrogata è pari o superiore a tre anni. Se la pena inflitta è inferiore a tre anni l’interdizione è soltanto temporanea. L’articolo 323-bis prevede un’attenuante speciale per fatti di particolare tenuità. La fattispecie in esame inoltre è applicabile “salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’art.640-bis” ossia il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di pubbliche erogazioni.
L’articolo 4 della legge n. 300 del 2000 ha inserito il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato al fine di completare la tutela apprestata contro le frodi allo Stato ed alle Comunità europee, dando inoltre attuazione alla Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee stipulata a Bruxelles il 26 luglio 1995.
Il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato è di competenza del Tribunale collegiale.
Controverso è il rapporto tra l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art.316-ter c.p. e la truffa aggravata a danno dello Stato (art. 640-bis c.p).
Il dibattito dottrinarle e giurisprudenziale è stato ricco ed articolato sino alla pronuncia delle Sezioni Unite del 27 aprile 2007.
Parte della dottrina prende le mosse dalla tesi che nega dalla “nuda menzogna”, al semplice “mendacio” la configurabilità degli artifici o raggiri di cui al reato di truffa. La dottrina sostiene che ad integrare il reato di truffa non sia sufficiente il “mero mendacio”, “il silenzio maliziosamente serbato”, una condotta meramente omissiva, essendo necessario anche un quid pluris, una condotta attiva idonea a trarre in errore. Si arriva così alla conclusione che la legge 300 del 2000 (la quale ha introdotto la norma in esame) ha voluto coprire un “vuoto di tutela”, per cui condotte (quali l’omissione di informazioni dovute) che non costituivano reato hanno acquistato rilevanza penalistica. Si precisa, quindi, che il rapporto tra le due norme (come sarebbe dimostrato dalla clausola contenuta nell’art. 316-ter) è di sussidiarietà, il che significa che il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter) troverebbe applicazione in tutti quei casi in cui la condotta (concretizzandosi in “mera presentazione” di documenti falsi o nella omissione di informazioni dovute) avrebbe caratteristiche di minore intensità e non sarebbe idonea ad integrare gli artifici di cui all’art. 640-bis del codice penale (Fiandaca-Musco).

 

Sotto un altro profilo è però oggi universalmente riconosciuto che anche un comportamento meramente omissivo possa configurare l’artifizio o il raggiro. I rapporti tra le norme in esame sono, quindi, inquadrati nell’ambito del rapporto di specialità: nell’art. 316-ter è prevista una condotta che di per sé integra il reato di truffa; ma si tratta di artifizi o raggiri con note modali meno intense di quelle descritte dall’articolo 640-bis e che possono realizzarsi quando il soggetto agente pone in essere soltanto ed esclusivamente una delle condotte delineate dall’articolo 316-ter (Romano M.).
Il dibattito dottrinale si riflette sulla giurisprudenza.
Un primo indirizzo sostiene che il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato “costituisca norma sussidiaria rispetto al reato di truffa di cui all’art.640-bis c.p. il quale esaurisce l’intero disvalore del fatto ed assorbe l’interesse tutelato dalla prima previsione” (Cass., sez. VI, 23 novembre 2001, n. 41928). Si ritiene, quindi, che la norma in esame troverà applicazione in quei casi in cui il mendacio non integri gli artifici di cui all’art.640 bis c.p. All’opposto, numerose sentenze fanno riferimento al rapporto di specialità: “allorché la condotta incriminata sia consistita nella semplice attestazione di fatti non conformi al vero, sarà integrato il delitto di cui all’ art. 316-ter c.p.”, che disciplina una condotta pur sempre truffaldina, ma caratterizzata da quelle particolari modalità ivi descritte (Cass., Sez. Un., 6 marzo 2003, 224966).
Nonostante la sentenza delle sez. un. in ultimo citata, anche in data a questa successiva si registravano arresti giurisprudenziali di segno opposto.
La giurisprudenza di legittimità successiva individua un autonomo spazio applicativo dell’art. 316 ter per cui la mera ostentazione di documenti non veritieri o il mero silenzio di informazioni dovute non integrerebbero gli “artifici o raggiri” richiesti per la più grave ipotesi delittuosa della truffa. Si configurerebbe, invece, la truffa aggravata quando il richiedente il finanziamento è lo stesso artefice della documentazione falsa prodotta, avendosi, in tal caso, “un raggiro” del soggetto agente (Cass., 15 ottobre – 4 novembre 2004, n.43202).
Sull’argomento sono nuovamente intervenute le Sezioni Unite con la sentenza 27 aprile 2007 (ud. 19 aprile 2007) n.16568 (Presidente Lattanzi; Relatore Nappi; Pm. – conforme – Esposito), che oltre ad arricchire il complesso panorama giurisprudenziale sul campo applicativo e sui rapporti reciproci tra l’art.640-bis c.p. e gli artt. 316-bis e ter c.p., si sono occupate anche di alcuni delitti contro la fede pubblica (nella specie, vengono in considerazione le fattispecie di cui agli artt. 483
– Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico – e 489 – Uso di atto falso – c.p.).
La pronuncia delle Sezioni Unite affronta tre punti problematici (il primo è il più importante perché è quello che ha giustificato la sottoposizione della questione alle Sezioni Unite):
– la questione della applicabilità dell’articolo 316-ter e dell’art 640-bis alle ipotesi di indebita percezione di contributi di natura assistenziale;
– la questione dei rapporti fra il campo applicativo dell’articolo 640-bis e quello dell’articolo 316-ter;
– la questione della possibile concorrenza del reato di cui all’articolo 316-ter con quelli di cui agli articoli 483 489 c.p.

 

Sul primo punto, fra i due orientamenti contrapposti, l’uno che negava la configurabilità sia del reato di cui al 316- ter che di quello di cui al 640-bis c.p., nella condotta dell’agente che renda dichiarazioni mendaci in ordine alle proprie condizioni personali, familiari e patrimoniali al fine di ottenere l’erogazione dell’indennità da “reddito minimo di inserimento”, in quanto si tratta di un tipo di contributo che rientra nell’ambito delle erogazioni pubbliche di natura assistenziale, che come tali non sono prese in considerazione dalle norme incriminatrici sopra citate, che si riferiscono esclusivamente ai casi di illecita o fraudolenta percezione di contributi pubblici di carattere economico-finanziario a sostegno dell’economia e delle attività produttive (Sent. Cass., sez. VI, 11 maggio 2005, Belcastro, n. 231865; Cass. sez. VI 16 febbraio 2006, Liva, n. 233852), e il secondo orientamento, che invece ammetteva la configurabilità del reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art.316-ter c.p.) nella condotta dell’agente che renda dichiarazioni mendaci in ordine alle proprie condizioni personali, familiari e patrimoniali al fine di ottenere l’erogazione di indennità di natura assistenziale (come, ad esempio, il trasferimento monetario integrativo del reddito, ai sensi dell’art. 8 d.lgs. 18 giugno 1998 n.237, c.d. “reddito minimo di inserimento”) (Sent. Cass., sez. VI, 12 giugno 2006, Russo, n.234873; Cass., sez. VI, 10 ottobre 2003, Riillo, n.228191), è prevalso quest’ultimo.
Le sezioni Unite, dopo avere sottolineato che il riferimento sia dell’art.316-ter sia dell’art.640-bis c.p. a “contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate” è infatti tanto deliberatamente generico da escludere che nella definizione delle fattispecie penali si sia inteso recepire un improbabile linguaggio tecnico, richiamano l’attenzione sulla circostanza che soltanto l’articolo 316-bis – sanzionando la distrazione dei contributi pubblici dalle finalità per le quali erano stati erogati – fa esplicito riferimento a contributi connotati appunto da un vincolo di destinazione specifico (contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse), mentre gli artt. 316-ter e 640-bis c.p., essendo entrambi destinati a reprimere la percezione di per sé indebita dei contributi, indipendentemente dalla loro successiva destinazione, sono applicabili anche a erogazioni non condizionate da particolari destinazioni funzionali, come sono appunto i contributi assistenziali.
In questa prospettiva si sottolinea in particolare che l’elemento di specialità dell’articolo 640-bis rispetto alla truffa aggravata in danno dello Stato prevista dall’articolo 640, comma 2 n.1, c.p. non starebbe nella natura del vantaggio patrimoniale illecitamente ottenuto ma, piuttosto, nel titolo che ha determinato l’atto di disposizione patrimoniale (l’atto di disposizione patrimoniale necessario a integrare la truffa può derivare, nel caso dell’articolo 640, comma 2 n.1, c.p., anche da un rapporto contrattuale bilaterale con lo Stato; presuppone invece- nel caso dell’articolo 640-bis – una qualunque erogazione, non importa se a sostegno di attività produttive o meramente assistenziali, giustificata dal mero riconoscimento dei suoi presupposti di legge).

 

Sulla seconda questione relativa ai rapporti fra il campo applicativo dell’art. 640-bis e quello dell’art. 316-ter, dopo aver chiarito che l’elemento specifico che caratterizza le fattispecie previste dagli artt. 316-ter e 640-bis c.p., non può basarsi sulla natura delle erogazioni conseguite (elemento che invece, come s’è visto, le distingue entrambe dalla fattispecie prevista dall’art. 316-bis c.p.) ma solo sul titolo che ha determinato l’atto di disposizione patrimoniale (che non può derivare da un contratto ma che ha fondamento in una specifica disciplina legislativa che fissi i requisiti per ottenere l’erogazione), le Sezioni Unite si fanno poi carico di determinare i rispettivi campi applicativi delle due norme (640-bis e 316-ter sopra citate). In particolare, così si legge: “i reati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (articolo 316-ter) e di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (articolo 640-bis) sono tra loro in rapporto di sussidiarietà e non di specialità, dovendosi applicare il primo solo quando difettino estremi della truffa, come nel caso delle situazioni qualificate dal mero silenzio antidoveroso o delle condotte che non inducano effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale”.
Sulla terza e ultima questione della possibile applicazione, ove si ritenga configurata l’ipotesi di cui all’articolo 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) realizzata mediante l’utilizzo di falsi documenti, di concorrenti fattispecie configuranti reati a tutela della fede pubblica, merita segnalazione l’abbandono, da parte delle Sezioni Unite, di un principio più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità in base al quale il concorso apparente di norme andrebbe in ogni caso escluso allorché le norme convergenti sulla medesima situazione di fatto siano poste a tutela di beni giuridici eterogenei [proprio la diversità dei beni giuridici tutelati dalle norme concorrenti impedirebbe che si possa ravvisare il requisito della “stessa materia” richiesto dall’art. 15 c.p. come presupposto per la esistenza di un concorso apparente di norme].
A questo proposito le Sezioni Unite sottolineano invece che “una volta riconosciuto un rapporto di parziale identità tra le fattispecie, il riferimento anche all’interesse tutelato dalle norme incriminatrici non ha immediata rilevanza ai fini dell’applicazione del principio di specialità, perché si può avere identità di interesse tutelato tra fattispecie del tutto diverse, come il furto e la truffa, offensive entrambe del patrimonio, e diversità di interesse tutelato tra fattispecie in evidente rapporto di specialità come l’ingiuria, offensiva dell’onore, e l’oltraggio a magistrato in udienza, offensivo del prestigio dell’amministrazione della giustizia”.
E un tale rapporto di parziale identità fra fattispecie concorrenti, tale da consentire di riconoscere la prevalente applicazione della norma speciale andrebbe riconosciuto, secondo le Sezioni Unite, e sulla scia di una prevalente giurisprudenza (Cass., sez. VI, 19 settembre 2006, Cristodaro, n. 234765, Cass., sez. VI, 31 maggio 2006, Raccioppo, n. 235091, Cass., sez. VI, 31 maggio 2006, Magnolia, n. 234840) anche fra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter) e talune condotte integranti fattispecie a tutela della fede pubblica in quanto costituiscano elemento essenziale per la configurazione dello stesso articolo 316-ter c.p. A questo proposito le Sezioni Unite precisano: “che solo la falsa dichiarazione rilevante ai sensi dell’art. 483 c.p. ovvero l’uso di un atto falso costituiscono modalità tipiche di consumazione del delitto di cui all’art. 316-ter c.p., mentre è solo eventuale che l’utilizzatore degli atti o documenti falsi sia anche autore della falsificazione. Deve perciò ritenersi che solo i delitti di cui all’art.483 c.p. e all’art. 489 c.p. rimangono assorbiti ai sensi dell’art. 84 c.p. nel delitto previsto dall’art. 316-ter c.p., che concorre invece con gli altri delitti di falso eventualmente commessi al fine di ottenere le indebite erogazioni”.
Viene in tal modo superato un precedente orientamento secondo il quale “il delitto di tentata frode comunitaria e quello di falso ideologico commesso da soggetto privato in atto pubblico concorrono per la diversità del bene giuridico offeso” (Cass., sez. III, 2 ottobre 1998, Carone, n. 212164).