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Avvocato penalista: il suo ruolo all’interno della società contemporanea

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Avvocato penalista: il suo ruolo all’interno della società contemporanea

Il ruolo dell’avvocato penalista all’interno della società contemporanea risulta sempre più dibattuto, e nella testa del comune cittadino, molti interrogativi e perplessità sorgono anche alla luce dei recenti fatti di cronaca giudiziaria.

Inoltre, quando si hanno problemi con la giustizia, anche per una semplice guida in stato di ebbrezza, ci si pone il problema della scelta dell’avvocato penalista a cui ci si deve affidare.

Prima di sceglierlo, però occorre valutare bene la professionalità e l’esperienza dell’avvocato, la preparazione ed il costo per l’assistenza legale.

 

Spesse volte non si comprende come un uomo possa difendere colui che compie i gesti più efferati, che uccide e violenta bambini, che truffa o rapina persone anziane, che sfrutta povere ragazze provenienti dall’est europa o dall’Africa iniziandole al meretricio, e si pone sempre la stessa domanda: «ma come fai a difendere una persona così?».

Naturalmente, a questa domanda, che ogni avvocato penalista che si rispetti si è visto sottoporre più di una volta da amici, parenti, conoscenti, e, a volte, anche dai suoi stessi clienti, non vi è una risposta univoca, ma ognuno risponde a modo suo, in base ai suoi principi, ai suoi valori, ai suoi studi.

Personalmente ritengo che questa domanda, spesse volte, nasca in quanto il comune cittadino non ha la minima idea di come funzioni la giustizia italiana, e formi la sua esperienza solamente tramite telefilm o film americani, ove il bravo avvocato penalista, con una semplice oppure articolata eccezione difensiva sfrutti il calvillo legale, come ad esempio il rendere nullo il sequestro dell’arma del delitto perché non messa subito a disposizione della difesa, oppure la vittima del reato, messa in difficoltà, rende una deposizione non lineare e ricca di incongruenze, o tutto ad un tratto la difesa porta in tribunale un nuovo e segreto testimone chiave che grazie alla sua testimonianza fa assolvere l’imputato, o ancora il Giudice non ammette il principale testimone dell’accusa per vizi di forma o altri cavilli tecnici.

 

Da queste premesse, a mio avviso, nasce la sopra menzionata domanda, in quanto, se il comune cittadino sapesse come funziona veramente il processo italiano, probabilmente non si porrebbe più quella domanda, ma se ne porrebbe molte altre.

Nel processo penale italiano, la difesa ha un ruolo diametralmente diverso rispetto all’avvocato penalista americano, in quanto, la giurisprudenza italiana è incentrata nel favorire l’accertamento della veridicità dei fatti, anche se, spesse volte, per giungere a quell’obiettivo, vengono sconfessati i principi presenti del nostro codice di rito.

Giusto per fare un esempio, l’art. 468 del codice penale prevede che, sia l’accusa che la difesa, debbano depositare al massimo 7 giorni liberi prima dell’udienza, nella cancelleria dibattimentale la lista dei testimoni e dei consulenti che vogliono che vengano esaminati durante l’istruttoria dibattimentale, a pena di inammissibilità della loro testimonianza.

Ora, a volte,  è capitato, non solo a me, ma a moti colleghi, che l’accusa dimentichi di depositare la suddetta listi nei termini ovvero, non la depositi proprio, e quindi, a rigor di codice, il Giudice dovrebbe non ammettere alcuna prova testimoniale ed assolvere immediatamente l’imputato con la formula più ampia possibile.

Negli Stati Uniti, e quindi nei film che la gente guarda, l’esito del processo sarebbe scontato, con la naturale assoluzione dell’imputato, ma in Italia non è così: esiste un articolo, per l’esattezza il 507 del codice di procedura penale, che permette al Giudice di assumere d’ufficio le prove che desidera purché assolutamente indispensabili al fine del decidere, e quindi, nel suddetto esempio nel 99 % dei casi, il Giudice dispone l’assunzione delle testimonianze dell’accusa anche se non indicate come prevede la legge, in quanto, come ha più volte ribadito la Corte Costituzionale, il processo penale è incentrato nell’accertare la verità processuale dei fatti, e quindi, non può essere limitata o annebbiata da cavilli processuali.

Ancora un breve esempio, questa volta un pochino più tecnico rispetto a quello testé affrontato: si pensi ad una ragazza, vittima di violenza sessuale, unica testimone, che, durante la sua testimonianza all’interno del processo penale che vede imputato il suo presunto violentatore, risponda coerentemente alle domande relative alla violenza sessuale, ma controesaminata dall’avvocato penalista della difesa riferisca fatti e circostanze completamente inverosimili che sarebbero avvenute prima e / o dopo la violenza.

Nei telefilm americani, in casi analoghi l’imputato viene assolto in quanto non viene considerata attendibile la testimonianza della vittima, che, se pur coerente nel descrivere la violenza, appare incoerente su tutto il resto.

In Italia, invece, l’assoluzione dell’imputato non dev’essere data per scontata, poiché la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha elaborato il principio della “credibilità frazionata” che tradotto in parole povere significa che il Giudice può ritenere una parte della testimonianza credibile, ed una parte non credibile e quindi, se lo ritiene, può condannare lo stesso.

Naturalmente, il concetto di credibilità frazionata non è così semplice come sopra descritto,  ma nemmeno poi così lontano dalla realtà processuale italiana.

 

Potrei scrivere molti altri esempi, ma questi sono più che sufficienti per rispondere alla domanda «ma come fai a difendere una persona così?»

Tutti devono poter contare sulla miglior difesa tecnica possibile, e l’avvocato penalista ha il dovere di lottare per far valere i diritti del suo cliente, e deve avere la forza di andare contro tutto e, se necessario, contro tutti per raggiungere il massimo grado di giustizia processuale.

Non deve mai abbassare la testa o mostrarsi debole davanti al Giudice, al Pubblico Ministero, ai colleghi avvocati, ma deve sempre dare il massimo per raggiungere l’obiettivo, e non deve mai accettare senza combattere le decisioni che reputa ingiuste o contro la legge.

Non deve mai arrendersi davanti alle sconfitte e nemmeno sedersi sugli allori dopo una vittoria, deve sempre essere preparato ed aggiornato sulle ultime novità legislative e giurisprudenziali ma deve anche sapere perfettamente i principi e la teoria del diritto.

Un buon avvocato penalista, pur non trascurando famiglia ed amici, mediamente lavora 16 / 18 ore al giorno, in quanto dopo l’esser uscito di studio, avrà sempre per la testa le scadenze, gli atti da scrivere, le strategie processuali, etc.

Un buon avvocato penalista, va quindi anche adeguatamente retribuito, diffidante quindi da chi fa interi processi per circa 1.500,00 / 2.000,00 Euro, in quanto probabilmente non hanno nessuna intenzione di lottare per voi, di aggiornarsi continuamente, di valutare la migliore strategia processuale e soprattutto di studiare gli orientamenti giurisprudenziali (come quelli degli esempi sopra descritti) indispensabili per mettere le basi ad una strategia processuale vincente.

Risparmiare quando si mette in gioco la propria vita, a volte, non è la strada giusta da seguire, in quanto, come diceva sempre il mio caro nonno, che non era avvocato «come spendi mangi».