Animali domestici in caso di separazione
A chi saranno affidati gli animali domestici in caso di separazione della coppia? Chi provvederà alle spese per il mantenimento degli animali domestici? Stai per separarti e, dopo aver diviso ogni bene presente in casa, è arrivato il momento di decidere con chi debba andare il cane, il gatto o altri animali domestici che sino a quel momento facevano parte della famiglia. Poiché il cane, il gatto e gli altri animali domestici non possono essere divisi in due come gli altri beni che erano in comunione, dovrai trovare una soluzione in accordo con il tuo ex marito/moglie.
Avete così deciso che gli animali domestici andranno a vivere da uno di voi, ma l’altro potrà andarlo a trovare e, se vorrà, portarlo al parco. Prima però di mettere nero su bianco un accordo di questo tipo, ti chiedi che valore possa avere e se il giudice sia tenuto ad omologarlo. In altri termini, quali sono le regole sull’affidamento del cane, del gatto e degli altri animali domestici e che succede con la separazione dei coniugi? La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza e, da ultimo, da una sentenza recente del Tribunale di Modena.
Per poter meglio chiarire quali sono le regole sull’affidamento degli animali domestici dopo la separazione o il divorzio dei coniugi, bisogna distinguere due diversi casi, a seconda che la procedura sia “consensuale” o “giudiziale”. Si devono, cioè, tenere distinte le ipotesi in cui la separazione o il divorzio avvengano con un accordo volontario, firmato dal marito e dalla moglie, o con una causa.
Nel nostro ordinamento manca una norma di riferimento che disciplini l’affidamento degli animali domestici in caso di separazione o divorzio dei coniugi o dei conviventi. D’altro canto, sono sempre più frequenti i casi in cui coniugi o, comunque, persone che durante la convivenza hanno posseduto degli animali domestici, si rivolgono al giudice, il quale si vede costretto a creare un principio giuridico, per il loro affidamento.
Due le pronunce più significative sul punto: una, del Tribunale di Foggia che, in una causa di separazione, ha affidato il cane ad uno dei coniugi, concedendo all’altro il diritto di visita per alcune ore determinate nel corso della giornata; l’altra, del Tribunale di Cremona che, sempre in una causa di separazione, ha disposto l’affido condiviso del cane con obbligo di suddivisione al 50% delle spese per il suo mantenimento. I due Tribunali, in assenza di una norma di riferimento, hanno applicato la disciplina prevista per i figli minori.
In un caso deciso dal Tribunale di Roma, si è ritenuto che il regime giuridico in grado di tutelare l’interesse degli animali domestici (in questo caso il cane), fosse l’affido condiviso, con divisione al 50% delle spese per il loro mantenimento. Nello specifico, era emerso che il cane si era abituato a vivere, dopo la fine della convivenza tra le parti in causa, a periodi alterni, con una sola di loro, in abitazioni e luoghi diversi e che entrambe le parti avevano provveduto alle cure necessarie per lo stesso. Inoltre, era irrilevante che le parti non fossero sposate, poiché l’affetto ed il legame instaurato con l’animale prescindeva dal regime giuridico che legava le parti in causa.
In generale, la giurisprudenza ritiene che sarebbe consigliabile che le questioni relative all’affidamento degli animali domestici (del cane, del gatto e di qualsiasi altro animale di affezione) siano tenute al di fuori dell’accordo di separazione tra i coniugi e formino, invece, oggetto di un’ulteriore e specifica scrittura (che assumerebbe, quindi, le caratteristiche di un normalissimo contratto).
Questo però non impedisce ai coniugi di inserire nell’accordo di separazione anche le condizioni che disciplinano l’affidamento degli animali domestici, perché ciò non contrasterebbe con nessuna norma. Infatti, con la separazione e il divorzio, gli ex coniugi possono anche disciplinare questioni non strettamente economiche.
A scanso di equivoci: l’affidamento degli animali domestici non può essere posto sullo stesso piano dell’affidamento dei figli e seguire le stesse regole, ma non lo si può neanche considerare un accordo vietato.
In questo senso, verso, cioè, una maggiore sensibilizzazione anche della giurisprudenza verso gli animali domestici, va la decisione del Tribunale di Modena citata in apertura. Secondo i giudici emiliani, il giudice deve omologare il verbale di separazione consensuale fra i coniugi nel quale si stabilisce, tra le altre condizioni, che il cane di famiglia resterà nella casa coniugale fino a quando i figli convivranno con il genitore, stabilendo a carico dell’altro un contributo economico per mantenere l’animale, che, pertanto, si somma a quello disposto in favore dei minori.
Ebbene, oltre all’assegno di mantenimento per i figli e per la moglie c’è anche quello per il cane, ma solo se le parti lo vogliono.
Anche il Tribunale di Como, con sentenza del 3 febbraio 2016, aveva stabilito in tal senso: va omologato l’accordo con cui i coniugi, in sede di separazione consensuale, abbiano deciso le sorti degli animali domestici: concordarne l’assegnazione ed il mantenimento non contrasta con l’ordine pubblico.
Le cose vanno in modo completamente diverso se la coppia si separa o divorzia giudizialmente. In tal caso il Tribunale non è tenuto ad occuparsi dell’assegnazione degli animali domestici, neanche se gli viene chiesto espressamente dalle parti con il ricorso. Solo l’accordo dei coniugi può, quindi, definire la sorte del cane o del gatto, ma se manca l’intesa non spetta al giudice definire con chi vadano a stare gli animali domestici e l’ammontare del loro mantenimento.
Tuttavia, il giudice può prendere in considerazione il problema dell’affidamento del cane o del gatto o di altri animali domestici, nel momento in cui ci sono dei bambini minori particolarmente legati. Difatti, il codice civile stabilisce che il principale scopo che deve perseguire il giudice, nel momento in cui stabilisce le condizioni di separazione e divorzio dei coniugi, è la tutela dell’interesse morale e materiale del minore. Ciò quindi non è di ostacolo ad un provvedimento che disciplini anche la sorte degli animali domestici.
Se non vi sono minori, ai fini della decisione sull’affidamento degli animali domestici, si potrà valutare l’intensità del rapporto con uno dei separandi.