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Contenzioso Tributario – possibili rimedi contro le cartelle dell’Agenzia delle Entrate

Decreto liquidità in favore delle imprese

Nel contenzioso tributario, il diritto tributario viene identificato nell’insieme delle norme giuridiche poste a tutela del fisco e volte a garantire i necessari poteri all’Agenzia delle Entrate per poter reperire le risorse finanziarie necessarie allo Stato italiano.
Naturalmente, a fronte di ogni atto impositivo proveniente dall’Autorità Giudiziaria, come ad esempio l’avviso di accertamento del tributo, l’avverso di liquidazione del tributo, l’avviso di fermo amministrativo, l’avviso di iscrizione di ipoteca giudiziale, etc. sono ipotizzabili diversi rimedi, di cui il principale risulta essere impugnarli, presentando ricorso avanti alla competente commissione tributaria, dando inizio così al contenzioso tributario.
Tale atto è presentato a mezzo posta in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento e deve contenere l’indicazione della commissione tributaria alla quale è presentato il ricorso, del ricorrente, dell’avvocato che assiste il ricorrente nel giudizio, dell’ufficio nei cui confronti il ricorso è predisposto, dell’atto impugnato, dell’oggetto della domanda, nonché dei motivi a sostegno della stessa.
Il giudizio potrà concludersi con l’accoglimento od il rigetto del ricorso, ovvero con una transazione bonaria della vertenza.

Inoltre, una possibile conclusione del contenzioso tributario, può essere la prescrizione della pretesa da parte dell’agenzia delle entrate, poiché risulta palese che il termine prescrizionale delle  cartelle esattoriali sia di cinque anni dalla data di notifica.
Sul punto, è orientamento della Suprema Corte ritenere che « L’ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della p.a., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: la decorrenza del termine per l’opposizione, infatti, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione. » (Cass. Civ. sez. trib., sent. n. 12263 del 25/05/2007 – ud. 27/03/2007; Cass. Civ., sent. n. 8335/03; Tribunale Catania, Sez. Lavoro, n. 551 del 04.02.2010; Comm. Trib. Reg. Catania, Sent. n. 496/34/11 del 28.11.2011).

Ne deriva quindi che l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito fiscale non opposto è soggetta non al termine decennale di prescrizione dell’actio iudicati contemplato dall’art. 2953 c.c., bensì al termine proprio della riscossione dei tributi e, quindi, al termine quinquennale.